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Villa da Lezze

 Prandecinum. Uno dei siti nominati fin dall'epoca tardoromana in territorio di S.Biagio, corrispondeva all'incirca alla zona attuale di Rovarè, appena a sud della Callalta, come si può vedere dalla mappa, databile alla prima metà del 1600, che si riferisce a 'Riva di Pradoncin'.

Curiosa la storia legata al nome: un uomo d'armi di Altino di nome Prando aveva una fortezza ubicata nella zona, da cui il nome '(Castrum) Prandecinum'. I suoi soldati recavano disturbo ai vicini trevigiani con ripetute scorribande nei loro territori.

 CartinaPrando era nipote del signore di Altino, Anterio che, caduto vittima di un misterioso male, fu guarito da Liberale, futuro patrono del capoluogo della Marca Trevigiana. A seguito di questo fatto, Prando abbandonò la via delle armi, si convertì al cristianesimo per opera di Liberale e distrusse la sua fortezza. I Trevigiani, riconoscenti verso Liberale perché erano cessate le incursioni dei soldati di Prando, posero una sua statua nella loro piazza maggiore nell'anno 390. Una copia trecentesca di quella statua fu conservata a Ca' da Noal fino agli ultimi decenni del 1800.

Del forte non si conosce l'ubicazione esatta, ma è possibile che esso fosse nel sito dove successivamente fu eretta la Villa da Lezze. Il dettaglio della mappa mostra la costruzione, assai particolare, con il percorso del Vallio deviato ad attraversarla, proprio in corrispondenza del torrione principale. Non si conoscono documenti di altre costruzioni simili nella zona.

 Nei pressi della fortezza sorse una chiesa citata nel 1021 come 'di S.Lorenzo di Prandecino'. In seguito, vicino ad essa sorse la chiesa di Rovarè, dedicata a S.Mauro e S.Lorenzo, e questa si sostituì come luogo di culto alla precedente che fu abbandonata e scomparve del tutto, sembra, all'inizio del 1800. L'attuale Via Padroncino è l'ultimo toponimo, storpiato, rimasto fino ai nostri giorni. Un tentativo di ripristinare l'esatta dizione diede il nome di Prandecino ad una nuova via in Rovarè.

 Villa da Lezze. Nell'area di Prandecino sorgeva la meravigliosa Villa da Lezze, costruita da Priamo da Lezze e Marina Priuli da Lezze, iniziata nel 1670 e terminata nel 1739.

I 'da Lezze' erano mercanti e armatori originari di Lecce (da 'Lezze' appunto) e avevano ottenuto l'iscrizione all'albo d'oro della nobiltà veneta, dietro pagamento di una forte somma di denaro. Nel 1533, Carlo V li creò Conti di Croce di Piave. Costruirono la grandiosa villa a Prandecino perché doveva dar loro lustro utile a favorirne l'ascesa al seggio dogale, cosa che non avvenne.

 La villa è stata distrutta tra il 1813 e il 1825. Di essa ci restano alcune testimonianze: disegni esistenti al Museo Correr di Venezia, un album con disegni originali del Muttoni e la trascrizione di alcuni fogli originali del Longhena conservati alla Biblioteca del Congresso a Washington.

Il canonico Lorenzo Crico, in una lettera del 31/10/1832 descriveva la villa e ne confermava la distruzione:

    ... Di ciò fu luminoso esempio la grandiosa fabbrica, che fu eretta in questa provincia dal celebre autore della chiesa di S.Maria della Salute in Venezia, da Baldassar Longhena, in Rovarè pel N.U. Da Lezze. Ricordasi tuttavia con piacere (non è più esistente l'eccelsa mole) l'insieme imponente di quel palagio, il quale poteva servire di soggiorno alla corte di un principe. Non può descriversi la magnificenza delle scalee, l'ampiezza delle logge con frontespizi, comeché spezzati a tenore del gusto dominante, sostenuti da isolate marmoree colonne; la sublimità della sala lucidissima, decorata di stucchi di grande lavoro e statue molte di plastica, con ringhiera di comunicazione alle moltissime superiori stanze. Non può descriversi la profusione de' marmi, la grandiosità delle camere, le adiacenze conducenti a' giardini amenissimi bagnati da peschiere e laghetti; fra l'olezzar degli aranci commisti alle sorgenti statue, e fiancheggiati da lunghissime cetraie e freschi portici e strade coperte verdeggianti.

 Alla costruzione della villa, con l'architetto Baldassarre Longhena collaborarono il Moscatelli, ingegnere del Duca di Mantova che lavorò alle scale, il Gaspari, che diede sfumature barocche ai primi disegni di Longhena, ed il Muttoni che si occupò delle adiacenze e dei giardini.

 La villa andò distrutta a seguito di un incendio. Parte del materiale fu reimpiegato in altri edifici. Alcune colonne in marmo della cedraia furono impiegate nella costruzione di un portico della Villa Navagero - Erizzo. I cancelli in ferro battuto sono visibili presso l'Istituto F.Besta a Treviso. Le colonne della facciata della villa sono state reimpiegate nel Palazzo della Guardia in centro a Treviso, e lì sono rimaste fino agli 1950. Ora si trovano a Villa Manfrin a Treviso.

Nel sito originale della villa vi è un torrione superstite ('castello da Lezze' per gli abitanti del luogo) riprodotto nella foto. La sua esatta ubicazione rispetto al fabbricato della villa non è certa.